(da Ameglia Informa di aprile 2023)

La Liguria è una regione economicamente forte, con un settore turistico in netta ripresa e, nonostante questo dato positivo, nella provincia della Spezia, i nuovi poveri sono aumentati del 50% circa nell’ultimo anno.

Siamo in grado di illustrarvi i dati aggiornati del 2022 dal rapporto della Caritas sulla povertà e sull’esclusione sociale, sia a livello nazionale che nel nostro territorio.

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Le diocesi Caritas in Liguria sono sette e sono site a: La Spezia, Chiavari, Genova, Savona, Imperia, Ventimiglia e Tortona. Si occupano in prevalenza di mense per i poveri, centro ascolto, centro anti violenza, immigrazione e minori a rischio.

Il problema principale delle richieste di aiuto riguarda l’impossibilità a far fronte alle spese della casa. La difficoltà più rilevante è riuscire a trovare un lavoro che possa permettere di coprire almeno i costi delle bollette e dei beni di prima necessità.

C’è un 31% delle richieste di aiuto che arrivano dai work poor: persone che nonostante lavorino non hanno soldi a sufficienza per avere una vita dignitosa: la paga è talmente bassa che non riescono a sopperire alle necessità se non in minima parte. Manovalanza e altri lavori simili sono quasi sempre sottopagati, soprattutto quando ci sono di mezzo  persone deboli (che non hanno la forza di ribellarsi ai loro diritti) e stranieri (spesso a causa della lingua). Purtroppo lo sfruttamento e il lavoro nero è una piaga ancora diffusa, difficile da depennare, ci vorrebbero più controlli e pene certe. Un dipendente su tre, a livello nazionale, guadagna 12 mila euro lordi all’anno. 

Per le donne sono aumentati gli ostacoli e le difficoltà di riuscire a trovare un lavoro poiché si ritiene  che a 20 anni non hanno ancora  esperienza, a 30 c’è la possibilità di una maternità, dopo i 40 sono troppo grandi ecc.

Anche i piccoli imprenditori e artigiani sono stati danneggiati, prima dall’onda della pandemia, poi dagli aumenti spropositati delle bollette causati dalla guerra in Ucraina. Tutto questo ha fatto sì che le loro attività già in bilico, affondassero definitivamente nel baratro.

Se le spese sono più alte delle entrate è un attimo ad andare in passivo senza via di ritorno. Queste persone tentano sino alla fine in tutti i modi di trovare una soluzione al fallimento ma, quando si rendono conto che non c’è proprio più nulla da fare, l’unica via è rivolgersi alla Caritas al Centro d’ascolto. In questi casi gli incontri possono aiutare, lavorando su diverse reti, con altre associazioni, per ricollocarli in un contesto adeguato alla loro professionalità .

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Dalle statistiche abbiamo constatato che non solo persone con un basso livello d’istruzione hanno problemi a trovare un lavoro, anche giovani diplomati e laureati, soprattutto stranieri, trovano parecchi ostacoli. A nostro parere personale, ci rendiamo conto che siamo in una società dove spesso il favoritismo prende il sopravvento sulla meritocrazia e la professionalità individuale.

Alla povertà non si può essere indifferenti, non si può ignorare il grido di chi chiede aiuto.

Se i poveri sono in aumento, c’è da tenere presente anche della povertà intergenerazionale, sei su dieci che chiedono aiuto hanno ereditato questa povertà dai genitori. Portare avanti questo stato di disagio e malessere, senza riuscire ad uscirne, influisce particolarmente sullo stato mentale. Vivere sempre nella stessa situazione e realtà di degrado senza mai guardare da un’altra prospettiva crea una “zona di adattamento”.

Per spezzare questa catena, l’aiuto del Centro d’ascolto è fondamentale, farli emancipare e farli evadere dal loro territorio è la priorità. Lavorare su di loro con la cosiddetta “speranza creativa” può fare la differenza: la creatività non ha limiti, ci consente di immaginare qualsiasi cosa e le idee che ne scaturiscono sono portatrici di possibili e straordinari cambiamenti.

L’emarginazione è un altro tema che influisce in modo particolare nella società moderna: tenere le distanze da chi non è come noi è un atteggiamento da condannare. Purtroppo capita sempre più spesso, anche tra i giovani, sta ai genitori insegnare ai loro figli sin dalla tenera età che tutti siamo sotto lo stesso cielo. Chi più ricco chi più povero, nessuno, deve essere escluso.

Un esempio pratico di come le persone non capiscano di cosa possano aver bisogno i poveri si può notare quando gli si chiede una donazione per una spesa solidale. Nella maggior parte dei casi, vengono raccolte sempre le solite cose, come pasta, olio, pelati ecc. Pochi hanno la sensibilità di captare che donare anche qualcosa di diverso, come una tavoletta di cioccolato o un dolce, può far più piacere perché è un bene più prezioso e personalizzato

Questo spiega perché chi è povero ha il cellulare o perché le donne portano lo smalto per sentirsi, almeno all’apparenza, come gli altri. Spesso dietro a problemi di povertà ed emarginazione ci sono problemi di depressione, di ansia e di dipendenze. Chi di loro ha la forza e il coraggio di rivolgersi alla Caritas e farsi aiutare, ha buone probabilità di uscirne con un percorso riabilitativo e formativo. Chi rifiuta e rinuncia a essere aiutato, potrà solo che peggiorare il suo contesto.

I clochard hanno spesso questo atteggiamento, più continuano a vivere in strada più si adattano a questa situazione e più si chiudono in se stessi, creando un muro difficile da sormontare. Solo grazie  all’aiuto costante e giornaliero dei volontari, queste persone vengono monitorate e cibate anche se, continuano a vivere senza un tetto.

Le Caritas diocesane e il Celivo (Centro servizio per il volontariato) in Liguria continuano senza sosta queste opere di aiuti a più persone possibili per ridare loro la dignità che gli è stata tolta.

In un mondo dove le cose materiali sono più importanti dei sentimenti è bello pensare, che ci siano persone con la virtù della misericordia, sono loro che fanno la differenza. Nella speranza che le nuove generazioni, appoggiate dai loro preziosi genitori, possano fare un passo in avanti, ci auguriamo un futuro più di amore che di odio.

Luisa Fascinelli