(da Ameglia Informa di settembre 2007)

La Shoah ebbe inizio negli Anni ’30. Hitler mal sopportava che gli ebrei avessero raggiunto un buon livello socio – economico e, nella sua follia, interpretò a suo modo la teoria di Darwin, famoso scienziato britannico, secondo cui in natura vince e sopravvive solo il più forte. Usò questa teoria per giustificare la soppressione non solo degli ebrei, ma anche degli zingari, degli omosessuali, degli handicappati, degli asociali e dei criminali.

I più famosi campi di sterminio furono: Auschwitz, Dachau, Mathausen, Buchenwald, Birkenau, Bergen Belsen e, per i bambini, Terezin.

Il primo segnale dello sterminio fu la tragica notte, comunemente chiamata Notte dei Cristalli, dove furono malmenati molti ebrei, distrutte le vetrine dei negozi ebraici e incendiate circa duecento sinagoghe. Da quel momento in poi l’odio verso gli ebrei divenne spietato.

Di questo massacro se ne parla molto tutt’oggi, nei libri e nei film.

Un film veramente bello, che spiega come si viveva all’interno dei campi di concentramento, è “La vita è bella”, con ottima interpretazione di Roberto Benigni.

Invece un libro di Fred Uhlman, L’amico ritrovato, ci fa capire che l’amicizia senza pregiudizi poteva esistere anche tra tedesco ed ebreo.

Il periodo è antecedente alla Seconda Guerra Mondiale, quando l’odio verso gli ebrei non era ancora spietato.

Nel testo Hans, un ragazzo di origine ebrea figlio di un medico molto stimato per il valore dimostrato in battaglia nella Iª Guerra mondiale, quando l’odio razziale crebbe, venne mandato negli USA, presso uno zio, mentre i genitori, esasperati, si suicidarono in casa con il gas della cucina.

Molti anni dopo in America arrivò ad Hans, divenuto adulto, una lettera che riportava la notizia che il suo amico di un tempo era stato giustiziato per un complotto ai danni del Fuhrer. Ecco perché il titolo: il protagonista ritrovò nello spirito l’amico che in realtà non aveva mai perduto. Ciò dimostra come non tutti i nazisti fossero a favore del dittatore.

La Polonia subì in quegli anni il più grande massacro di ebrei, addirittura tre milioni.  Una chiara testimonianza la troviamo nel film “L’ultimo treno”, che parla di un bambino ebreo mandato a vivere da una famiglia polacca. Con qualche difficoltà fa amicizia con i figli della famiglia ospitante. IL film ci mostra anche la cattiveria della gente comune, che mandava i bambini nei pressi della ferrovia per derubare gli ebrei quando, disperati, riuscivano a gettarsi dai vagoni per tentare la fuga. Questo evidenzia che anche la popolazione locale pativa la fame e non viveva in condizioni straordinarie.

Ormai è risaputo che all’interno del Reich non tutti amavano Hitler e che qualcuno cercava di aiutare gli ebrei.

Lo vediamo nel film “Schlinder’s List“, dove un tedesco, padrone di una fabbrica assumeva gli ebrei per salvarli dallo sterminio.

Questo film ci mostra anche com’era fatto un ghetto e come la popolazione tedesca educata all’odio verso i diversi, infamava gli ebrei di passaggio.

Nei campi di concentramento, tra i prigionieri, vi era spirito di gruppo e ciò è dettagliatamente spiegato nel film Jakob il bugiardo, con ottima interpretazione di Robin Williams, che per risollevare il morale dei compagni, raccontò di aver udito tramite una radio l’imminente arrivo dell’esercito sovietico.

L’ultimo film, visto in classe, che parla del genocidio degli ebrei è Amen, di Costa Gavras.  Questo film ci fa capire come certi ufficiali delle SS non erano d’accordo sullo sterminio e che molti non erano neppure a conoscenza degli eventi. Nel film si parla poi dei mezzi utilizzati per il massacro, ovvero il gas Zicklon B, altamente tossico, mentre prima si utilizzava il gas di scarico degli automezzi.  Il tenente Kurt, che era contrario a tutto ciò, cercò invano di informare il Vaticano, venendo ignorato. In quel periodo, ci si preoccupava di più della guerra e a nessuno interessava degli ebrei, anche perché non si immaginava nemmeno lontanamente quello che fu poi scoperto al termine del conflitto.

Nel film al Vaticano interessava tenere lontano il Comunismo, mentre gli Americani, per bocca dell’ambasciatore presso il Vaticano risposero che la soluzione dello sterminio si sarebbe risolta con la fine della guerra stessa e che come morivano tanti ebrei morivano anche tanti soldati nei campi  di battaglia.

Bisogna dire che Hitler, tramite la Shoah, dimostrò ancor più la sua follia perché non se la prese con una razza, ma anche con una religione.

Gabriele Garzella