Due recensioni dello stesso libro: la prima su Lerici in… di maggio 2021,

a seguire la recensione apparsa su Ameglia Informa di marzo 2021.

     L’8 maggio 1946 oltre un migliaio di sopravvissuti alla Shoah salpavano dal Molo Pagliari nel porto della Spezia verso quello che il 14 maggio di due anni dopo sarebbe stato ufficialmente proclamato come lo Stato di Israele. Era allora papa il “servo di Dio” Pio XII, al secolo Eugenio Pacelli, in molte occasioni di quegli anni ringraziato pubblicamente per l’aiuto prestato a tanti ebrei soprattutto italiani, nascondendoli in conventi e monasteri durante la caccia data loro dall’esercito occupante nazista e dai connazionali collaborazionisti.

Per mezzo secolo, però, una leggenda nera ha poi aleggiato sopra la memoria di papa Pacelli, quella scaturita dall’opera teatrale Il Vicario di del tedesco Rolf Hochhuth (1963), che lo voleva connivente con il nazismo; questo finché il 2 marzo 2020, in piena pandemia, secondo quanto già deciso e preannunciato da papa Francesco, non si sono aperti agli studiosi di tutto il mondo gli archivi segreti della Santa Sede.

Pochi mesi dopo, nel dicembre dello stesso anno, Johan Ickx, direttore dell’Archivio Storico della Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato Vaticana, dà alla luce un volume, PIO XII e gli ebrei (Rizzoli 2020, € 22,00), dove in oltre 400 pagine tutta una serie di documenti si traduce in narrazioni di vita vissuta dai titoli molto significativi come: “Breve storia di persone in fuga e dei loro salvatori silenziosi”, “Bene che non fa rumore”, “Racconto su nove uomini saggi seduti intorno a un tavolo”, “Racconto su un venditore di fumo”, “Breve storia d’amore e aragoste”, “Racconto su eroi, conigli e due leoni della diplomazia”, “Breve storia di un uomo comune e di una bambina di otto anni” ecc…

Per la sua scelta di un taglio espositivo di questo tipo l’autore confessa di aver tratto ispirazione da un capolavoro della letteratura italiana, il Decamerone. Infatti, stessa è la cornice che fa da genesi ai due libri: l’isolamento coatto in Italia per l’infuriare della peste nera nel 1348 e della Covid-19 nel 2020; stessa la scelta di raccontare la Storia attraverso delle microstorie.

Cosa è emerso da quell’immensa mole di documenti, riservatissimi solo perché potevano costituire le zattere di salvataggio di innumerevoli vite umane? All’incirca 2.800 richieste di aiuto, provenienti fra il 1938 ed il 1944 non solo dall’Italia ma anche in molti casi dall’Europa dell’Est, a favore di circa quattromila ebrei. E perché le comunità ebraiche si sarebbero rivolte al capo della chiesa cattolica? Evidentemente perché sapevano che Pio XII era dalla loro parte.

Molte le accuse costruite con faciloneria sul “senno del poi”. Il papa lasciava forse cadere nel vuoto quelle grida disperate? In realtà, l’archivio rivela l’esistenza di un Bureau (praticamente la Segreteria di Stato vaticana) attivo 24 ore su 24 e costituito da 12 membri (fra cui G. Battista Montini, futuro papa; oltre a quello già regnante) ed un numero imprecisato di collaboratori esterni, che sceglie la difficile via della cosiddetta “diplomazia morbida” per prudenza, al fine di non compromettere le operazioni clandestine di salvataggio in atto. Due azioni, quella ufficiale e quella ufficiosa, per così dire “parallele” ma tendenti all’identico scopo.

Cosa sarebbe accaduto se il Papa avesse scelto la strada per lui più facile e gloriosa pubblicando un documento di condanna delle persecuzioni in atto nei confronti degli ebrei? Quello che è successo nei Paesi Bassi nel maggio del 1942, quando i vescovi locali avevano condannato apertamente, in una lettera letta a tutti i fedeli durante la messa domenicale, la persecuzione antisemita. Il risultato fu la rappresaglia nazista che aumentò il numero dei deportati aggiungendovi ebrei battezzati, famiglie miste e membri del clero cattolico.

Altrettanto accadrà in Slovacchia, dove filonazisti perché ferocemente antisemiti si riveleranno anche alcuni preti come il presidente della repubblica-fantoccio slovacca, il populista Jozef Tiso (1887-1947) che, con il premier Vojetch Tuka (1880-1946), approvò, almeno all’inizio, la deportazione dei loro connazionali israeliti; migliaia furono le ragazze ebree trasportate, su interi convogli, per essere date in pasto ai soldati tedeschi impegnati al fronte.

Molto eloquente a questo proposito è una nota citata, apposta di proprio pugno da s. e. Domenico Tardini, segretario agli Affari ecclesiastici straordinari: «Non so se i passi riusciranno a fermare i pazzi! E i pazzi sono due: Tuka che agisce e Tiso – sacerdote – che lascia fare!» (p. 38).

Continua di seguito Ickx: «È possibile che questi tentativi di intervento da parte di Roma abbiano in realtà peggiorato le cose, come avvenuto in altri Paesi, tra cui la Polonia? Una testimonianza oculare inviata un mese dopo dal nunzio di Budapest, Rotta, induce a pensare proprio questo. Il rapporto dava a intendere che le deportazioni si erano intensificate.

La testimone descriveva trenta carri bestiame gremiti di giovani donne ebree disperate e terrorizzate in partenza per il confine tedesc o […]. Qualche giorno dopo, arrivò al Bureau una lettera dei leader del Congresso mondiale ebraico e dell’Agenzia ebraica per la Palestina. In essa si ringraziava la Santa Sede per gli sforzi presso il governo slovacco. In piena guerra, i leader ebraici continuavano a riporre le proprie speranze nel Papa e nella sua squadra, una squadra che era dotata di grandissima perseveranza e intraprendeva moltissime azioni».

Alla fine della guerra Tiso e Tuka per i loro crimini verranno condannati all’impiccagione nella rinata Cecoslovacchia.

Sul fronte alleato Ickx sottolinea che «Pio XII (foto in evidenza) e Roosevelt avevano stretto una straordinaria amicizia quando si erano conosciuti nel 1936 […], sia strategica sia personale, che sarebbe continuata ben oltre l’elezione a papa di Pacelli» (p. 70) e si chiede in modo retorico: «Se il presidente statunitense o la sua amministrazione avessero avuto anche il minimo sospetto che Pio XII nutrisse un briciolo di simpatia per Hitler o l’ideologia nazista, non avrebbero mai proposto una relazione diplomatica con lui» (p. 72). La confidenza tra Roosevelt e Pio XII era talmente intima da provocare un comico sfogo in una noticina del segretario, s. e. Domenico Tardini: «Va bene […] che le relazioni tra Roosevelt e S. Santità sono personali (non ufficiali): ma un foglietto così… micragnoso indirizzato al Papa, mi pare un po’ troppo» (p. 80)!

Particolarmente interessante è una lettera, ispirata da Eugenio Pacelli (all’epoca ministro degli Affari esteri del Vaticano) e firmata dal cardinal Pietro Gasparri che, in data 9 febbraio 1916, rispondeva al Comitato ebraico di New York. Il suo contenuto consisteva in una presa di posizione di papa Benedetto XV nei confronti dell’antisemitismo dilagante in Europa con persecuzioni tipo i sanguinosi pogrom russi avvenuti tra la fine del XIX secolo e l’inizio di quello successivo, con l’autorizzazione alla pubblicazione. La lettera, in cui gli ebrei vengono definiti “fratelli”, fu accolta dalla stampa israelita degli USA come una vera e propria “enciclica” e i suoi contenuti sono quelli che ritroviamo nella Nostra Aetate del Concilio Vaticano II (1965).

Maria Luisa Eguez

ll Bureau

· Il papa: Pio XII (Eugenio Pacelli)

· Il cardinale: sua eminenza Luigi Maglione, Segretario di Stato

· Il segretario: sua eminenza Domenico Tardini, segretario agli Affari ecclesiastici straordinari

·  Il sostituto: mons. Giovanni Battista Montini, sostituto per gli Affari ordinari e segretario del Codice

· Il sottosegretario: mons. Giuseppe Malusardi, sottosegretario agli Affari ecclesiastici straordinari

Lo staff

· Mons. Giulio Barbetta, minutante, funzionario amministrativo

· Mons. Angelo Dell’Acqua, consigliere di nunziatura, funzionario amministrativo

· Mons. Giuseppe Di Meglio, uditore di nunziatura di prima classe, funzionario amministrativo

· Mons. Antonio Samorè, uditore di nunziatura di seconda classe, funzionario amministrativo

· Mons. Pietro Sigismondi, uditore di nunziatura di seconda classe, funzionario amministrativo

· Mons. Armando Lombardi, uditore di nunziatura di seconda classe, funzionario amministrativo

· Mons. Corrado Bafile, segretario di nunziatura di prima classe, funzionario amministrativo.

L’Archivio Vaticano

Un corridoio con una parte degli 83 km di documenti dell’Archivio Apostolico Vaticano in cui è custodita tutta la storia della Chiesa

Per volere di Papa Francesco l’Archivio Vaticano non è più “segreto”.

È una delle istituzioni più antiche che ha una missione chiara: conservare i documenti del Papa, dei vari organismi della Curia mettendoli a disposizione di chi ne fa richiesta. L’“Archivio centrale della Santa Sede”, come definito da Giovanni Paolo II, ha un’estensione di documentazione pari a circa 83 Km lineari e questo lo rende uno dei più vasti al mondo.

È custode di una storia millenaria che non ha paura di aprirsi all’esterno, lo testimonia la possibilità di consultare i documenti del pontificato di Pio XII, il Papa che ha vissuto il difficile periodo del nazifascismo.  (foto vatican.va)

Desecretato l’archivio su Pio XII: arriva il primo libro

“Pio XII e gli ebrei”: Johan Ickx l’archivista della Segreteria di Stato rivela il ruolo di Papa Pacelli durante la Seconda Guerra Mondiale (da Vatican.va)

Johan Ickx, responsabile Archivio Storico della Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, autore del libro “Pio XII e gli ebrei” (Rizzoli)

Matteo Luigi Napolitano, docente di storia delle relazioni internazionali all’Università degli studi del Molise e delegato internazionale del Pontificio Comitato scienze storiche

Recensione da Ameglia Informa di marzo 2021

La decisione del due marzo 2020 di papa Francesco di desecretare i documenti che riguardano Pio XII è stato l’input per la realizzazione di “Pio XII e gli Ebrei” edito da Rizzoli, che racconta, attraverso l’esame di testi inediti, del ruolo cruciale avuto da Pio XII (a cui toccò di traghettare indenne “la barca di Pietro” attraverso le atrocità della Seconda Guerra Mondiale) e del suo ufficio (il Bureau) nel tentativo di salvare migliaia di ebrei dalle persecuzioni naziste ma non mette ancora la parola fine alle diatribe sul suo comportamento.

L’autore di “Pio XII e gli ebrei” Johan Ickx, direttore dell’Archivio storico Vaticano, della sezione rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, con esperienza ultraventennale, ci spiega in un’intervista a Vatican News le modalità della sua ricerca: “Bisogna tener conto che nel nostro archivio ci sono più di 800 mila documenti, per quanto riguarda solo la Seconda Guerra Mondiale. Quindi, cercare di raccontare ciò che questi documenti contengono in sole 400 pagine era un’impresa ardua. Seguendo Boccaccio ho capito che basta semplicemente scegliere un tema e poi provare a raccontarlo agli amici, e in questo caso i miei amici sono i lettori. Io ho provato a portarli per mano dentro l’archivio, ad aprire una scatola, un fascicolo e a raccontare loro i documenti che si trovano lì dentro”. Ne vengono fuori così 18 racconti dai titoli più vari: si va dal “Racconto su un venditore di fumo”, a una “Breve storia d’amore e aragoste”, da “Racconto su nascondigli segreti”, a un “Racconto su eroi, conigli e due leoni della diplomazia”, per fare qualche esempio, ognuno con dovizia di documentazione, scritti e foto.

Questa è la forza del libro e nello stesso tempo la sua debolezza. Aver diviso in 18 capitoli gli interventi della Santa Sede sotto forma di racconti, rende la lettura più accattivante, ma non mette la parola definitiva sulla politica complessiva del Vaticano in quel periodo: che ci sarà ancora da scoprire dagli altri documenti?. Ben più delle 400 pagine sarebbero però state necessarie!

Il libro quindi mette in evidenza che esisteva un Bureau, dedicato a ricevere e risolvere le grida di aiuto che provenivano da tutto il mondo, senza distinzione ideologica o religiosa, al cui vertice c’era Pio XII, che interveniva in modo deciso e puntiglioso per risolvere i vari casi che venivano loro sottoposti, attraverso interventi diplomatici, perorazioni, sollecitazioni, salvacondotti, documenti, passaporti, ecc..

Ma si poteva fare di più? Si poteva fare meglio? Difficile poter giudicare ora quale sarebbe potuto essere il modo migliore per risolvere tante richieste e quale fosse il punto di rottura di un equilibro precario con le autorità nazifasciste. Appena uscito il libro sono arrivati  subito gli interrogativi sul perché non si fosse fatto nulla per fermare il treno del 16 ottobre 1943 con i 28 vagoni piombati che, dopo il rastrellamento del Ghetto ebraico di Roma, partirono due giorni dopo dalla stazione Tiburtina alla volta di Auschwitz con 1.022 deportati. Ai posteri l’ardua sentenza, può darsi che la risposta sia negli oltre 800.000 documenti ancora da esaminare.

Luglio 1943: Pio XII a San Lorenzo  parla ai romani e impartisce la benedizione dopo i bombardamenti aerei degli Alleati

Elogiato dopo la guerra come il salvatore di Roma e di tanti ebrei, Pio XII è stato in seguito criticato per la sua presunta passività durante l’Olocausto ed è stato etichettato come il «papa del silenzio», immagine negativa diffusa a seguito dell’opera teatrale del 1963 “Il Vicario” dí Rolf Hochhuth, adattata poi al film “Amen” del 2002.

Cosa sapesse veramente papa Pio XII delle atrocità commesse durante la guerra e quando ne fu informato, ora dovrebbe venire tutto alla luce, non solo in riferimento alla persecuzione antiebraica, alle ghettizzazioni e alle deportazioni che avvenivano sotto gli occhi di tutti, ma anche allo stesso sterminio. La sostanza del problema era nota sia alla Santa Sede, sia all’episcopato tedesco (non erano del resto i soli: perché dello sterminio sapeva il governo fascista, gli alleati e molti altri ambienti). Mancavano i dettagli, ma era risaputo che gli ebrei deportati dai ghetti e dai territori occupati dai tedeschi non avrebbero più fatto ritorno a casa.

Ickx ci parla del Bureau, la cerchia di intimi attorno a Pio XII, dal quale emanavano tutte le decisioni del pontefice, che era autorizzato a parlare a suo nome e a ricevere le richieste di aiuto delle moltissime persone, dal mondo intero, che riponevano le proprie speranze nel papato. I documenti inseriti nei racconti mostrano chiaramente che gli sforzi vaticani erano rivolti “a salvare ogni singolo essere umano, a prescindere dal colore e dal credo”. La serie archivistica denominata “Ebrei” che è nell’archivio vaticano dimostra la cura quotidiana con cui, 24 ore su 24, il Papa e le undici persone del “bureau” si davano da fare, insieme ai nunzi e gli altri collaboratori all’estero, per venire in aiuto dei perseguitati in tutta Europa. Ogni fascicolo racconta la storia di una famiglia o di un gruppo di perseguitati che direttamente, o tramite intermediari, chiedevano aiuto al Papa.

Udienza concessa da Pio XII agli ebrei scampati ai campi di sterminio
(foto da Vatican.va)

Questo libro apre la strada a una nuova stagione di studi e spazza pregiudizi ideologici passati e recenti smontando l’idea che Pio XII fosse all’oscuro, e non invece al vertice, di una rete di aiuti in favore di ebrei e di rifugiati assai complessa ma dai contorni nitidi. Siamo però solo al primo passo.

Sandro Fascinelli

(da Lerici In di settembre 2021)

Un legame santerenzino tra Pio XII e la Shoah

Caro “Lerici In”, mi chiamo Andrea Zanello e sono un “vecchio” santerenzino di (ormai) 67 anni, ma vivo a Roma dal 1978. Ho comunque casetta al mare alla Valle (tra Solaro e le Tre Strade) e non ho mai smesso di frequentare il nostro bel borgo, come sanno gli amici del Lerici Sport, del Trittico Natatorio, della Coppa Byron e, da qualche anno a questa parte, anche gli amici di Suoni nel Golfo e del Lerici Music Festival.

 

Ho letto su Lerici-in l’articolo “Indifferente o Primula Rossa? Il ruolo di Pio XII nella Shoah“.

Il tema è delicato sotto molti profili, ma la mia attenzione è stata attratta dal riferimento alla figura del nunzio apostolico di Budapest mons. Angelo Rotta. In quel periodo, e più precisamente dal 1936 al 1947, accanto a quella di Rotta, in Romania operò con analoghi atteggiamenti, comportamenti e positivi effetti per la salvezza di molti perseguitati (nonostante la conclamata ostilità di molti vescovi filonazisti) la figura del nunzio apostolico di Bucarest mons. Andrea Cassulo, tanto da meritarsi importanti riconoscimenti dalle autorità e dalla comunità ebraica in Italia e in Israele (di recente la proclamazione quale “Giusto tra le Nazioni” con l’iscrizione del nome nel “Giardino dei Giusti” allo Yad VaShem di Gerusalemme).

Mons. Andrea Cassulo (sotto), peraltro, dopo l’esperienza romena, venne inviato ad Istanbul (nell’incarico ricoperto in precedenza da Mons. Angelo Roncalli), dove, in accordo con la linea ecumenica avviata da Mons. G. B. Montini (futuro Paolo VI), nel febbraio 1952 ebbe ad incontrare l’allora patriarca Athenagoras I nel primo incontro ufficiale dopo lo scisma dell’anno mille, tra delegazioni ufficiali di cattolici romani e ortodossi, aprendo così un percorso che tre anni dopo portò lo stesso Athenagoras I in visita ufficiale da Paolo VI a San Pietro.

Qual è la connessione con Lerici? Andrea Cassulo era lo zio di madre Giuseppina Cassulo, suora dell’Ordine delle Madri Pie di Ovada (AL), che subito dopo la guerra e per molti anni gestirono l’ex l’Asilo infantile di San Terenzo (a metà del viale della Vittoria). A sua volta, la madre Giuseppina (che fu direttrice dell’asilo) era sorella di Maria Cassulo (sposata in Zanello: mia mamma!) per lunghi anni (tra il 1950 e gli Anni ‘70), professoressa di lettere alla scuola media di Lerici.

In qualche modo, quindi, un ulteriore, per quanto piccolo e molto indiretto, legame tra persone che hanno speso la propria vita per la difesa dei valori umani e religiosi contro la barbarie del nazismo e questo nostro bellissimo borgo.

E non escludo affatto che tra quel migliaio di profughi che salparono dal Molo Pagliari in quel lontano 8 maggio 1946 ci potesse essere qualche “romeno” scampato agli orrori della guerra con l’aiuto di quello che era il fratello maggiore di mio nonno. E quindi grazie per la preziosa sollecitazione ad una riflessione su “spiccioli” del nostro passato che restano vivi e, come tali, illuminano soprattutto il futuro nostro e dei nostri carissimi giovani. Cordialità.

Andrea Zanello

Mons. Andrea Cassulo