(da Ameglia Informa di Luglio 2024)
Anche alla Spezia ci fu la Resistenza dei cattolici. In molti di loro, oltre alle forme tradizionali della fede, affiorò qualcosa di più: l’idea di un impegno contro la guerra e il fascismo, di una condivisione fattiva, di un’assunzione diretta di responsabilità. Un antifascismo morale, esistenziale, solo approssimativamente politico: come avvenne non solo per i cattolici, ma anche per i comunisti, i socialisti, gli azionisti… Le identità politiche definite, quando vennero, vennero dopo.
A Lerici l’impegno dei cattolici si sviluppò attorno alla figura di un giovane prete, vicario nella parrocchia di San Francesco: don Emilio Gandolfo. Il suo nome, tra i giovani antifascisti, era Hidalgo. A Lerici rimase circa un anno, dalla metà del 1943 fino al giugno del 1944. Nato a Sestri Levante, aveva studiato al Seminario di Sarzana e aveva fatto il suo primo anno di sacerdozio a Sestri Levante, come viceparroco di Santo Stefano del Ponte. Poi, nel corso del 1943, ebbe l’incarico a Lerici.
Hidalgo, in una lettera del 1944 ad Angelo Ratti, giovane Scout, scriveva:
“Fate pure – come propone Nostromo – le vostre adunanze segrete. Badate però a non destare sospetti: non siate esclusivisti ma per ora è bene che il gruppo resti ristretto e mantenga tutto il riserbo. Sono informato che nell’alta Italia si preparano grandi cose per domani. […] Don Sergio Pignedoli ha importanti incarichi. Ora io vi chiedo di far parte del gruppo San Giorgio. Per ora conservo ancora il nome segreto in pagina bianca. Presto inizierò una corrispondenza per ‘pagina bianca’ (mi raccomando, scrivete su pagina bianca, rendetela interessante, quando avete terminato l’album ditemelo, che ve ne procuro un altro)” [Nota 1].
Chissà se prima o poi ritroveremo qualche foglio di “pagina bianca”… Il nome significava certamente ricominciare daccapo, e richiama il coraggio di chi vuole intraprendere strade nuove.
Don Gandolfo si schierò subito con la Resistenza, al fianco di un gruppo di giovani Scout. Il riserbo della clandestinità imponeva nomi in codice. Nostromo era il parroco di Lerici, Costantino Faggioni.
Don Sergio Pignedoli, anch’egli citato, era un parroco di Castelnuovo Monti. Diventerà cardinale: nel primo conclave del 1978, da cui sarebbe uscito papa Giovanni Paolo I, fu uno dei papabili, sostenuto dall’ala progressista in contrapposizione al cardinale genovese Giuseppe Siri, candidato dei conservatori.
Il punto di riferimento di Hidalgo era don Primo Mazzolari, parroco di Bozzolo, piccolo paese del Mantovano, un prete perseguitato dal fascismo e poi partigiano, che parlava di chiesa dei poveri, di pacifismo e di dialogo tra i cristiani e con i più lontani. Don Emilio era da qualche tempo in dialogo epistolare con lui, come dimostrano le carte ritrovate.
Ma chi erano i ragazzi lericini del Gruppo San Giorgio? Ecco i loro nomi: Giovanni Biaggini, Armando Colotto, Paolo Mamino, Luigi Musetti, Piero Peoni, Sergio Pontremoli, Mario Spagnol, Giancarlo Testa. E soprattutto il citato Angelo Ratti, che fu una sorta di “vice” di “Hidalgo”. Angelo faceva parte di un’antica famiglia lericina, da sempre di marittimi. Con il naviglio italiano ai minimi termini dopo la guerra, Angelo si diplomò geometra nell’anno scolastico 1948-1949. Mentre la tradizione marittima fu proseguita dai fratelli Marcello e Piero, lui lavorò per oltre trent’anni nel Comune di Ameglia come responsabile dell’Ufficio Tecnico, fino alla pensione a metà anni Novanta. Fu stimato e benvoluto dagli amegliesi, da cui è ricordato per avere progettato le piazze di Ameglia, Montemarcello, Bocca di Magra, Fiumaretta.
La Resistenza del gruppo San Giorgio non fu Resistenza armata, ma civile, culturale, sociale.
Don Faggioni nascondeva i renitenti alla leva del- l’esercito della Repubblica di Salò nella parte in alto della chiesa di San Francesco. La chiamata alla leva si configurò come una sorta di plebiscito sulla legittimità della RSI, perché una renitenza diffusa avrebbe significato la sfiducia della popolazione verso il governo fantoccio. Alla fine il plebiscito fu sconfitto, nel corso di un processo in cui ci fu anche chi semplicemente si nascose, senza diventare partigiano. Ma pure questa scelta segnava il distacco definitivo dal fascismo.
Questa pagina di storia fu raccontata nel 2019 in un’iniziativa organizzata dalla Società Marittima di Mutuo Soccorso di Lerici (Angelo Ratti era lo zio di Bernardo, il presidente), in collaborazione con il Comitato provinciale Unitario della Resistenza, il MASCI (Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani) e il Gruppo Scout Agesci LERICI 1. C’erano anche due ragazzi di allora, Luigi Musetti e Sergio Pontremoli, a cui fu consegnata una targa ricordo.
L’impegno degli Scout nella Resistenza non va dimenticato. A Milano si facevano chiamare Aquile Randagie e svolgevano attività clandestine. Il regime fascista soppresse infatti lo scautismo il 9 aprile 1928. Ma alcuni gruppi si rifiutarono di cessare l’attività e, usando messaggi in codice e cifrati, continuarono a ritrovarsi. Dopo l‘8 settembre 1943 nacque l’OSCAR (Organizzazione Scout Collocamento Assistenza Ricercati), che si impegnò in un’opera di salvataggio di perseguitati di diversa nazione, razza, religione, con espatri in Svizzera (il più noto fu quello del giornalista Indro Montanelli).
Dopo l’esperienza lericina don Gandolfo andò alla Chiappa, dove continuò il suo impegno. Nel rastrellamento di Migliarina del 20-21 novembre 1944 nove sacerdoti furono arrestati, torturati nelle celle dell’ex 21° Reggimento e poi nel carcere genovese di Marassi, e liberati solamente il 29 marzo 1945 grazie all’impegno del vescovo Stella della Spezia e del cardinale Boetto di Genova. Tra loro c’era il parroco di San Terenzo, don Mario Devoto. Dopo la Liberazione quei preti rimasero a Genova, per motivi di sicurezza. Il primo che andò a trovarli fu don Emilio Gandolfo.
Alla Spezia ricordiamo l’intransigenza di molti comunisti, socialisti, azionisti. È giusto ricordare anche l’intransigenza di molti cattolici. L’antifascismo fu diverso al suo interno ma unitario: non solo perché voleva cacciare i nazisti e i fascisti ma anche perché voleva una rigenerazione morale degli italiani, la possibilità di vivere con quella dignità troppo a lungo avvilita.
Giorgio Pagano
[Nota 1]. Lettera di Hidalgo ad Angelo, in archivio famiglia Ratti.