(da Ameglia Informa di maggio 2025)

Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione, la donna più bella del suo tempo, Spezzina doc, è stata motivo di diversi scritti da quando un dandy francese in collaborazione con il collega italiano Gabriele la innalzò all’onore del primissimo piano facendola eroina del nostrano Risorgimento.

Della sua figura così celebrata s’è rapidamente impossessata la sua landa cui non pareva vero avere sotto mano un argomento che rimpolpasse la davvero scarna epica che caratterizza il nostro territorio.

Nonostante molto di lei sia noto, ogni tanto saltano fuori delle novità che a me piace diffondere perché mi sembra bello ed utile arricchire la saga del nostro territorio che a volte mi sembra essere solo un fuocherello che un refolo di vento basta per metterlo a tacere. Succedesse sarebbe un male perché l’epica, lo dico spesso, è un collante che crea senso di appartenenza, il sentimento per cui il territorio in cui si è, non è abitato ma vissuto.

In una recente trasmissione Rai si è parlato del matrimonio di Virginia Oldoini con Francesco Verasis Conte di Castiglione andato in fretta in fumo. A lei lui non bastava. Aveva altri progetti per la testa e la proposta di Cavour di lavorare per i servizi segreti piemontesi allo scopo di irretire Napoleone Imperatore di Francia, rientrava nei suoi piani. Così si getta a capofitto in questa spy story essendo, però, antesignana più di Mata Hari che di James Bond.

Alla fine riesce e diventa l’Imperatrice senza Impero, una definizione che ben si adatta al carattere della liaison che intesse con Luigi Napoleone, antico carbonaro diventato sovrano per vie traverse.

Tuttavia, la relazione di Virginia con l’Imperatore ha una vita tutto sommato breve e termina ingloriosamente per lei, espulsa dalla Francia per sospetta complicità in un attentato in cui il Bonaparte resta coinvolto uscendo nottetempo dall’abi-tazione di lei. L’accusa non ha fondamento ma lei deve lasciare Parigi e il bel mondo in cui, anche se solo ufficiosamente, si comportava come Première Dame de France.

A lei resta il rimpianto e a noi l’interrogativo se la sua condotta fu determinante per stabilire nuovi, avanzati equilibri politici.

Purtroppo per lei e per la nostra epica gli studiosi concordano nel giudicare ininfluente la sua azione.

Per la leggenda Troia cadde perché il bel Paride aveva sedotto l’affascinante Elena moglie di un Re acheo ma gli scavi attestano una realtà diversa: la città sull’Egeo era un concorrente che danneggiava troppo i traffici commerciali dei Greci.

Lei, però, continuò a non pensarla così.

Sola e disillusa scrive le sue volontà: Nessuna croce, nessun prete, nessuna chiesa, nessun ambasciatore, nessun necrologio. Poi giudica la sua presenza su questa terra nell’esame che ciascuno scrive seguendo l’ideale che spesso mal s’accorda con il reale:

La mia è una curiosa e accidentata storia di cose diversissime. Fatalità o provvidenza non so. Vorrei che di me restasse una leggenda. Ricordatemi per la sola e grande cosa fatta da me: l’Italia.

Per vivere felici possiamo mentire agli altri; per andarcene senza troppi rimpianti, abbiamo l’illusione.

Alberto Scaramuccia